
L'abbraccio del Papa e la XVI assemblea dell'AC
- Scritto da Commissione Comunicazione
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«Tra vent’anni la forma della comunità cristiana sarà differente: la navata della Chiesa si sta svuotando. Ma restano le persone della soglia e dell’atrio. Il cristiano se deve essere in missione, lo sia proprio stando su queste zone di frontiere, l’atrio e la soglia, per dare voce a uomini che hanno bisogno di sentire la testimonianza di Cristo, proposta nella libertà». L’ esortazione di Enzo Bianchi, fondatore ed ex priore della comunità di Bose, risuona forte al termine della giornata di apertura della XVI Assemblea Nazionale dell’Azione Cattolica Italiana. Il monito del religioso sembra essere in sintonia con il titolo scelto per questo appuntamento “Fare nuove tutte le cose - Radicati nel futuro, custodi dell’essenziale”, che vede svolgersi negli stessi giorni la festa per i 150 anni dell’Azione Cattolica.
Una storia importante, una preziosa eredità che rinnova nella sua essenzialità alcune scelte fondamentali dell’associazione dalle quali ripartire: quella della XVI Assemblea Nazionale si conferma essere un’Azione Cattolica fedele alla sua storia, ma che facendo proprio il progetto dell’Evangelii Gaudium, guarda alla vita quotidiana come luogo dove riscoprire l’incontro con il Signore “su questa terra”. Un’assemblea viva e partecipata da oltre mille delegati provenienti da tutte le diocesi di Italia, che danno vita nel loro insieme alla fotografia di un’Italia variegata nelle riflessioni e nei temi.
L’apertura dei 4 giorni affidata al presidente onorario, Paul Jacob Bhatti, ministro per le minoranze del Pakistan, richiama l’attenzione all’esperienza dei cristiani in un paese come il Pakistan, dove vengono perseguitati e uccisi a causa della loro fede, e pone le basi per un’ assemblea come un «tempo forte di discernimento comunitario» con «lo sguardo fisso sulla realtà», come hanno sottolineato l’assistente mons. Sigismondi e il presidente Matteo Truffelli.
In questo senso, trova la sua accoglienza la presenza di una delegazione della GiOC all’assemblea. Francesca, militante di Brescia, Lorenzo, militante di Torino, ed io abbiamo preso parte ai lavori assembleari attivamente, partecipando ai laboratori, ascoltando gli interventi dei vari ospiti e votando le future priorità dell’associazione. Il riconoscimento del diritto di voto nelle rispettive assemblee nazionali avviene dopo un percorso di avvicinamento e conoscenza di entrambe le realtà. Attraverso la partecipazione ad iniziative locali e nazionali, abbiamo avuto modo di cogliere ciò che era comune, ritrovandoci in un esperienza di Chiesa che meglio esprime lo stile laicale e di impegno che ci caratterizza, e soprattutto abbiamo avuto l’opportunità di apprezzare le diversità e le specificità, in particolare per la GiOC la vocazione per i giovani, il mondo del lavoro e l’evangelizzazione di frontiera. Un modello di convivenza non di esclusione o di rinuncia, ma di inclusione ed integrazione, a cui aspirare anche nella vita collettiva. Frutto di questo cammino sono le esperienze sul territorio dove insieme, GiOC e ACI, abbiamo lavorato in sinergia per dare vita a percorsi pastorali che potessero tenere conto delle istanze portate da entrambe le realtà, per raggiungere tutti.
Ciò che mi ha aiutato a capire di più, oltre le vicende storiche, il senso di questo cammino è stato proprio Joseph Cardijn, fondatore della JOC, in un testo molto attuale, che mi accompagna in questi anni, in cui scrive
“Per me l’Azione Cattolica doveva essere essenzialmente specializzata e complementare […] Essenzialmente specializzata, ma anche essenzialmente coordinata. Non ci sono diverse specie di Azione Cattolica: vi sono soltanto campi diversi di attuazione. Perciò, appunto, la metodologia deve essere essenzialmente specializzata e adattata all’età, al sesso, alla condizione sociale, all’ambiente, ai problemi, alle situazioni reali ed agli scopi particolari; ma deve essere essenzialmente unificante attraverso una concezione ed una collaborazione che abbraccino l’insieme della missione della Chiesa. Io concepivo l’organizzazione ed i metodi dell’Azione Cattolica diversamente da quelli allora in uso, perché ero convinto che essa aveva per scopo la cristianizzazione della vita terrena individuale e sociale in blocco: questo era, secondo me, il suo punto di partenza ed il suo scopo ultimo. In altri termini, io volevo un’Azione Cattolica totalmente incarnata”. Joseph Cardijn, Laici in prima linea
Cardijn si riferisce all’Azione Cattolica nel suo significato più ampio, come opera di apostolato dei laici a fianco delle autorità ufficiali della Chiesa e sottolinea il ruolo insostituibile dei laici nell’evangelizzazione a partire dalla vita delle persone. In quest’ottica Cardijn vede nella JOC una nuova linea pastorale: invece di ritirare i giovani lavoratori dal loro ambiente, Cardijn li invierà in esso come apostoli incaricati di una missione umana e divina. Allo stesso modo proprio nella festa dei 150 di ACI Papa Francesco ha nuovamente rilanciato «Voglio un’Azione Cattolica tra la gente, nella parrocchia, nella diocesi, nel paese, nel quartiere, nella famiglia, nello studio e nel lavoro, nella campagna, negli ambiti propri della vita […] il carisma dell’Azione Cattolica è il carisma della stessa Chiesa incarnata profondamente nell’oggi e nel qui di ogni Chiesa diocesana […] a partire dalle diverse realtà parrocchiali».
L’incontro con il Papa è stato un ulteriore passo in questo percorso.
Quando ho ricevuto la notizia che avrei incontrato Papa Francesco, mi trovavo a Taranto insieme a don Pietro per incontrare gli adulti del posto. Ricordo di aver controllato le e-mail prima di andare a dormire, come spesso mi accade in un viaggio in estensione, dove il tempo è dedicato soprattutto agli incontri e all’ascolto delle persone del territorio, e di aver trovato, quindi, quella che mi comunicava che da lì a 6 giorni avrei salutato Papa Francesco. La presidenza ACI ha pensato che i presidenti dei movimenti potessero salutare il Papa in occasione di questa festa e che, pertanto, era stato riservato un posto per me.
Ho subito sorriso e riaperto e chiuso l’e-mail un paio di volte, trattenendomi dal rispondere subito, per assaporare a pieno che cosa volesse significare questo per la GiOC. Ma perché fosse vero dovevo dirlo a qualcuno, dovevo esprimerlo con le parole. L’indomani, quindi, a colazione prima di partire per Foggia, ho subito confidato a don Pietro la notizia.
Dopo la tappa a Foggia, ho quindi raggiunto Roma, dove ho aspettato i miei compagni di viaggio, prima Francesca e poi Lorenzo, con i quali ho condiviso questa notizia e che insieme a me hanno vissuto a pieno l’attesa e l’incontro con gioia.
L’emozione era incontenibile.
Dal Sagrato di Piazza San Pietro era difficile scorgere dove finisse la folla e dove iniziasse la piazza. Ero in fila in attesa del mio turno. Volgendo lo sguardo, potevo vedere da una parte il Papa, dall’altra la piazza colma di gente. Un vortice di emozioni nella frazione di cinque minuti, forse. Subito mi ha travolto un senso di inquietudine, credevo di non essere altezza di un incontro del genere, una grande persona, una testimonianza forte nei suoi gesti e nelle sue parole. Ho pensato a quanti sarebbero dovuti essere al mio posto, militanti, giovani lavoratori, giovani disoccupati, giovani studenti. Poi ho pensato, che forse io in quel momento potevo non essere abbastanza, ma potevo essere la sintesi di tutte queste voci. Ho raccolto un po’ di coraggio tra gli sguardi di Francesca, Lorenzo, don Marco e altri volti amici per proseguire verso questo incontro.
Non mi ero preparata all’incontro, ero già a metà del viaggio e non avevo un pensiero per il Papa. Insomma, non è come ricordarsi di portare una pianta per l’inaugurazione di una casa nuova o una bottiglia di vino se sei ospite a cena, avrei incontrato Papa Francesco! Così, dopo un’attenta riflessione con i miei compagni di viaggio, Francesca ha gentilmente donato la maglia della GiOC di Brescia, realizzata in occasione del XVII Congresso Nazionale della GiOC per i nuovi militanti della zona. Inoltre, il desiderio di lasciare un messaggio a Papa Francesco era così forte da scrivere sulla maglia poco prima dell’incontro l’insegnamento di Joseph Cardijn che continua a guidarci nella nostra missione: “Ogni giovane lavoratore vale più di tutto l’oro del mondo, perché è figlio di Dio”.
Quello che mi è rimasto di quest’incontro è la semplicità di Francesco, in contrasto con la forza del suo messaggio. Nel suo sorriso i tratti di stanchezza di rientro da un lungo viaggio, lo sguardo curioso e trasparente e l’abbraccio confortante come quello di un nonno. Ma un altro abbraccio mi ha segnato al termine di questo momento. L’abbraccio con Francesca e Lorenzo, la sensazione di essere saliti insieme su quel palco e di aver vissuto allo stesso modo l’abbraccio di Papa Francesco alla GiOC.
Eleonora De Leo
Presidente Nazionale GiOC