
Campo federazione Torino 2017
- Scritto da Commissione Comunicazione
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“Siamo chi accogliamo”, questo è il titolo ad effetto boomerang, che i giovani della GiOC di Torino hanno scelto per il campo estivo 2017. Il tema dell'accoglienza è stato al centro delle riflessioni del week end.
In un epoca in cui il populismo, l'odio razziale e la xenofobia sembrano prendere piede nella società, i militanti si son sentiti chiamati ad approfondire la tematica dell'accoglienza per pensare delle azioni concrete. Come la GiOC si interroga e si pone rispetto alle sfide dell’integrazione? Chi sono le persone da accogliere? E sopratutto come i nostri giovani possono portare il loro contributo nei percorsi di accoglienza?
Ad aiutare la riflessione è intervenuta la dott.ssa Maria Grazia Santagati, ex militante della GiOC, ricercatrice in Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso la Facoltà di Scienze della formazione dell'Università del Sacro Cuore di Milano e membro del Comitato direttivo del Centro di ricerche di ateneo CIRMIB (Centro Iniziative Ricerche sulle Migrazioni di Brescia).
Insieme a noi militanti hanno partecipato al week end Silvana, che da tempo fa parte del gruppo di revisione di vita, nato dalla collaborazione con la Pastorale Migranti di Torino, con il giovane Simone, Ahmed e Friday, accolti dalle parrocchie e incontrai nei nostri territori, e Camhara che abita insieme a sua moglie Mariam nella sede nazionale del nostro movimento tramite un progetto di accoglienza.
In un primo momento è stato dato spazio all'analisi dei dati relativi al numero di stranieri presenti nel territorio italiano e ai numeri delle migrazioni nel mediterraneo degli ultimi anni.
Di fronte ai dati reali, abbiamo capito effettivamente quanto sia importante informarsi e soprattutto ricevere una buona informazione. “Perché la gente ha paura?” - domandava Maria Grazia e ancora, “qual è la reale percezione del fenomeno migratorio?”.
Divisi a gruppi, abbiamo avuto l’opportunità di approfondire quanto ascoltato, condividendo le diverse esperienze di accoglienza, che ognuno ha vissuto e vive nei propri ambienti di vita. Partendo da questo sono emerse anche alcune difficoltà, che la GiOC in questi anni ha incontrato, nell'accogliere nuovi giovani. L'accoglienza intesa non solo nei confronti delle persone straniere, ma anche nei confronti dei nostri vicini, nei nostri quartieri e nelle nostre parrocchie.
Per un giovane militante l'esperienza di un campo è sempre travolgente. Condividere delle giornate di riflessione con altri ragazzi ti fa rinascere, in poche ore si ha l'occasione di poter condividere centinaia di vite diverse. Così è stato anche in questo caso.
Ascoltare le esperienze traumatiche dei giovani migranti è stato toccante. Vedere da vicino le ferite, non solo fisiche, delle guerre e delle persecuzioni è qualcosa che non si dimentica.
Al termine del campo ci siamo lasciati con buone speranze sicuri che ripartiremo carichi con nuovi obiettivi da raggiungere e giovani da incontrare. Tante le azioni proposte, a breve e a lungo termine.
Possiamo fare di più, sfruttare i nostri luoghi per accompagnarae i giovani, che hanno difficoltà con le pratiche di richiesta asilo, proseguire nelle nostre attività avendo attenzione ai giovani con una cultura differente dalla nostra, ma anche migliorare la condivisione di esperienze tra le zone, in cui la GiOC di Torino opera.
Sicuramente questo ci chiede prima di tutto un cambiamento personale, un’azione che parta da noi stessi, “ad impegnarci a farci prossimi dell’altro, riscoprendo la relazione e la comunione, a cui la GiOC educa” (Prima priorità:Accoglienza e corresponsabilità- XVII Congresso Nazionale della GiOC).
Dopotutto, come canta Brunori Sas “Ma non sarò, neanche tanto stupido da credere, che il mondo possa crescere se non parto da me”.